Raccontare è resistere

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“Le parole di chi scrive possono avere un’eco vasta e questo comporta una responsabilità etica.” Così scrive Luis Sepúlveda nel libro da cui prendiamo in prestito il titolo: per Guanda raccontare è resistere perché significa testimoniare il proprio coinvolgimento nei confronti del mondo, il proprio modo di stare dentro le cose, dentro la vita, in un senso ancora più ampio rispetto a quello che una generazione fa si definiva impegno politico. Ci sono tanti modi di resistere con un libro: Arundhati Roy racconta l’India dilaniata dalle divisioni fra le caste, Almudena Grandes la Spagna con la sua guerra civile interminabile, Elsa Osorio la tragedia dei desaparecidos, Bruno Arpaia ripercorre la drammatica scelta di Walter Benjamin davanti al nazismo, la narrativa di Javier Cercas dà conto infaticabilmente dell’essenza ambivalente della verità, il premio Nobel Dario Fo racconta le battaglie degli indiani d’America, ma anche questa nostra Italia dei misteri buffi. E resistere significa anche chiedersi, come Jonathan Safran Foer, perché mangiamo gli animali, o testimoniare l’amore per la natura e per il Sud del mondo come fa Luis Sepúlveda in tutti i suoi libri più amati.