Nel pieno di un’alluvione senza precedenti, una giovane donna dà alla luce un bambino. Londra, sommersa dalle acque, diventa inabitabile. Davanti alla catastrofe ambientale i genitori sono costretti a fuggire per cercare riparo, spostandosi di rifugio in rifugio, affrontando precarietà, solitudine, abbandono. In uno scenario distopico in cui viene a mancare ogni punto di riferimento, è la responsabilità data dall’essere madre, compito disperato in quelle circostanze, a ricalibrare ogni priorità e ad alimentare la tenacia di una donna che non vuole arrendersi, che continua a lottare nonostante tutto.
Un romanzo poetico e commovente che tratteggia un futuro minaccioso, che racconta la maternità, il miracolo di una vita che cresce, l’amore incondizionato, totale, unica certezza quando tutto sembra crollare. Un inno alla vita e alla speranza.
La fine da cui partiamo ricorda La strada di Cormac McCarthy, per il distacco narrativo e la precisione poetica. Uno splendido esordio.
Colpisce e affascina… è come se Virginia Woolf scrivesse romanzi distopici… Il cuore pulsante di questa storia tenera e terribile è il ritratto di un’esperienza di maternità totalizzante.
Un libro che mi ha commossa, spaventata, sollevata, a volte tutte e tre le cose insieme.