È un giorno tranquillo di tarda estate o di inizio autunno, e Gregor fa ritorno al suo paese natio. Ha affrontato un lungo viaggio, da un altro continente, ma non vede l’ora di passare una settimana di vacanza nella casa dei genitori: le partite a carte con il padre, le domande mute della madre, le confidenze della sorella. Si aspetta che tutto sia come è sempre stato, anche se ora la sorella ha un figlio, di cui lui sarà il padrino. Eppure Gregor porta con sé una notizia appena ricevuta e che non riesce a rivelare alla famiglia, il peso del lutto per la morte improvvisa del fratello minore. Viandante straniero, noto a tutti nel suo paese ma non riconosciuto da nessuno, Gregor cammina in questo paesaggio familiare e al contempo estraneo, lo osserva, rievoca i ricordi della sua infanzia, in un dialogo interiore in cui passato e presente si intrecciano. La ballata dell’ultimo ospite narra il silenzio di un ritorno solitario, privo di accoglienza, in un luogo dove il tempo ha ormai cambiato e consumato ogni cosa.
Ciò che più si ammira in questo libro sorprendente e spiazzante è la grande indipendenza del camminatore solitario.
Una storia salvifica per l'epoca misera segnata dalla sparizione della lingua e dalla connessione incessante... Si trovano in queste pagine belle immagini di smarrimento ma anche piccole utopie contemporanee.
È una mente aperta e libera quella che si esprime nell'opera di Handke, come può essere quella di un poeta in un mondo disertato dalla poesia.