«Papà ha ucciso la mamma.» Inizia così la drammatica storia di Léa, tredici anni, e di suo fratello, diciannove. Poche parole pronunciate al telefono dalla sorella minore dopo un lungo silenzio spingono il ragazzo, che vive a Parigi per studiare danza, a mollare tutto e prendere il primo treno per tornare a casa. Incredulo e terrorizzato, dovrà fare i conti con il dolore, la rabbia e l’istinto di protezione verso Léa, testimone del delitto. Senza una madre, senza una casa e con il padre in prigione, i due ragazzi dovranno affidarsi al nonno materno, che li assiste nei continui passaggi tra tribunali e polizia, e li circonda di quell’affetto che credevano di aver perso per sempre. Ma entrambi sono ormai segnati: Léa, afflitta da insonnia e incubi, si ritira in un mondo tutto suo; il fratello, tormentato dal senso di colpa, rievoca il passato cercando di ricostruire ogni attimo prima del dramma finale, tutti i segnali che erano lì e che nessuno aveva voluto vedere.
Con delicatezza e sensibilità, lontano da ogni sensazionalismo, Philippe Besson parte da un fatto realmente accaduto per indagare le responsabilità e le mancanze della società e per dare voce alle vittime invisibili della violenza, attraverso la loro lotta per reimparare a vivere.
Un romanzo sobrio, senza una parola di troppo. Con questo atto letterario di grande eleganza, Besson restituisce dignità a tutte le donne vittime di violenza coniugale e alle vittime collaterali, figli, genitori, amici, che le hanno amate e perdute.
Con il suo stile conciso, e una lucidità implacabile, Besson mette in luce le negligenze, le viltà, le incoerenze che portano all'irreparabile.
Un libro arrabbiato, un manifesto contro la violenza sulle donne.
L'autore sa analizzare i sentimenti, sondare i legami fraterni, individuare le contraddizioni della società. Un fatto di cronaca raccontato con grande realismo in tutti i suoi dettagli.