Ailey Pearl Garfield cresce in una grande città del Nord degli Stati Uniti, ma fin da bambina ha sempre trascorso le estati nel Sud, in Georgia, dove sono vissuti i suoi antenati materni dopo l’arrivo dall’Africa, in un villaggio che ora si chiama Chicasetta, ma a cui uno schiavista bianco aveva dato il nome di Wood Place. Sulla vita di Ailey, su quella delle sue sorelle e delle donne della famiglia aleggia un terribile segreto, una realtà drammatica con la quale è quasi impossibile venire a patti. Ailey decide di dedicarsi alla Storia, guidata da un prozio che le trasmette la passione per le radici e le lotte del suo popolo. Riscoprendole, ritroverà anche se stessa, in un viaggio nel passato della sua famiglia – un incrocio di nativi americani, neri schiavi, neri liberati, padroni bianchi e bianchi poveri – al termine del quale imparerà ad accettare tutta la sua eredità, un’eredità di oppressione e resistenza, schiavitù e indipendenza, crudeltà e coraggio che è la storia – e il canto – dell’America stessa.
Ho vissuto per tre settimane nelle pagine di questo libro. È lungo. È un viaggio. È qualcosa di così straordinario che non sono sicura fosse esistito neppure nei nostri sogni collettivi.
Un romanzo di formazione delicato e vibrante. La giovane protagonista fa i conti con quello che significa essere una donna nera oggi... Il viaggio nella storia dei suoi antenati le offre non solo una visione del difficile passato della sua famiglia, ma anche gli strumenti per immaginare il proprio futuro.
Questo è il genere di libro in cui ci si imbatte una volta ogni dieci anni. Sì, sono più di 800 pagine, una montagna da scalare, ma ne vale la pena, e la vista dall'alto trasformerà il vostro modo di capire l'America. Per profondità di analisi e ampiezza di visione, un romanzo semplicemente magnifico.
Se questo non è il grande romanzo americano, è un potente tentativo di realizzarne uno.
So che la storia si concluderà presto. Che mi sveglierò con una domanda. E poi un'altra, ma la domanda è ciò che ho voluto. La domanda è il punto. La domanda è il mio respiro.
La terra occupava uno spazio nell'orgoglio bianco, e un bianco senza terra non era meglio del Nero che aveva tenuto schiavo o dell'Indiano a cui aveva rubato con l'omicidio, la connivenza, l'insensibilità. I bianchi avevano riso dell'angoscia dei Creek costretti a lasciare la patria: prima o poi, ogni conquistatore ride della sua vittima. E' questo che rende la vittoria dolce e, più ancora, giustificata.