Il vecchio Antonio José Bolívar vive ai margini della foresta amazzonica ecuadoriana. Ha con sé i ricordi di un’esperienza – finita male – di colono bianco, la fotografia sbiadita della moglie e alcuni romanzi d’amore che legge e rilegge in solitudine. Ma il suo patrimonio è una sapienza speciale che gli viene dall’aver vissuto dentro la grande foresta, insieme agli indios shuar. Solo un uomo come lui potrà dunque adempiere al compito ingrato di inseguire e uccidere il tigrillo, il felino che, accecato dal dolore per l’inutile sterminio dei suoi cuccioli, si aggira minaccioso per vendicarsi sull’uomo.
Il vecchio che leggeva romanzi d'amore unisce la malinconica dolcezza di Osvaldo Soriano alla follia di Fitzcarraldo.
Sepúlveda ha il senso della narrazione concisa ed efficace, il gusto delle immagini finemente cesellate, un grande dono dell'evocazione che gli permette di rendere semplici, stilizzandoli, gli esseri e gli avvenimenti più complicati.
Da far leggere assolutamente soprattutto ai giovani e ai giovanissimi di cui sarà il mondo di domani.
Narrare, scrivere per lui è sempre stato un modo per difendere le idee, denunciare i soprusi e le infamie.
Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l'antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia.