«Ci farebbe bene scrivere delle nostre famiglie, senza nessuna finzione, senza romanzare. Solo raccontando ciò che è successo, o ciò che crediamo sia successo.»
Animato da questa convinzione, Manuel Vilas intreccia con una voce coraggiosa, disincantata, a tratti poetica, il racconto intimo di una vita sullo sfondo degli ultimi decenni di storia spagnola.
Allo stesso tempo figlio e padre, Vilas celebra la presenza costante e sotterranea di chi non c’è più, il passato che riemerge a fatica dai ricordi, la lotta per la sopravvivenza che lega indissolubilmente le generazioni.
Una narrazione che sottolinea l’umana fragilità, le inevitabili sconfitte, ma anche la nostra forza unica, l’inesauribile capacità di rialzarci e andare avanti, persino quando tutto sembra essere crollato.
Perché i legami con la famiglia, con chi ci ha amato, continuano a sostenerci e a definirci, anche quando sono apparentemente allentati o interrotti. E proprio quei legami ci permettono di vedere, a distanza di tempo, che in tutto c’è stata bellezza: in molti gesti quotidiani e anche nelle parole non dette, nell’affetto trattenuto, inconfessato, a cui non possiamo fare a meno di credere e di aggrapparci.
Manuel Vilas ha scritto un libro unico nella sua capacità di coinvolgere il lettore e di mescolare destino personale e collettivo, romanzo e autobiografia: «Sono due verità diverse, ma sono entrambe verità: quella del libro e quella della vita. E insieme fondano una menzogna».
Un’opera che nasce dalla perdita, e al tempo stesso dalla luminosità dell’amore.
Un’opera che nasce dalla perdita, e al tempo stesso dalla luminosità dell’amore.
Questo è un libro scritto con una chiarezza e una forza portentose. Nessuna retorica, o menzogna.
C’è nelle sue pagine uno stupore cosmico quasi infantile. C’è la voce nuda, misericordiosa, di uno scrittore capace di rendere elegiaca persino la ferocia della biologia.
Un narrare che arriva al cuore della verità, e fa della vita di un personaggio un insegnamento universale.
Magnifico, coraggioso, vi spezzerà il cuore.
Un libro potente, sincero, a tratti crudo, sulla perdita dei genitori, sul dolore delle parole non dette e sulla necessità di amare ed essere amati.
Una confessione bella e autentica, un tentativo di salvare la propria famiglia con la verità di un libro straordinario.
Vilas ha trovato in questo libro… la forza di cercare la verità. È stato capace di scoprire, seguendo i movimenti della memoria, i pensieri che non si ha il coraggio di pensare. La sua voce risuona, aspra, nel presente incerto di chi è figlio, padre, amante e si intuisce chiaramente nel passato sfuggente di chi è stato bambino.
Sono due verità diverse, ma sono entrambe verità: quella del libro e quella della vita. E insieme creano una menzogna.
Siamo stati poveri, ma con grazia.
Perché mi avete voluto così bene? È vero che mi avete voluto bene o me lo sto inventando? Se m’invento il vostro amore, è una cosa bella. Se è stato reale, lo è lo stesso. Perché per far uscire quell’amore dall’ombra devo viaggiare. Il viaggio più lento del mondo, e il più prodigioso.
Ci farebbe bene scrivere delle nostre famiglie, senza nessuna finzione, senza romanzare.